Il nostro viaggio fai da te in Indonesia con bambini prosegue alla volta dell'isola di Sulawesi, dove visiteremo la zona di Tana Toraja con le sue case tipiche dai tetti a corna di bufalo, meglio note come tongkonan, e cercheremo di capire qualcosa di più sulle usanze funebri di questo popolo.
Dopo la settimana passata alle isole Karimunjawa ci sentiamo pronti per rimetterci in viaggio. L'aereo atterra nel tardo pomeriggio a Makassar e, ormai convinti di passarci una notte, rimaniamo molto stupiti quando nostro figlio propone di prendere subito un autobus notturno per Rantepao, la città principale base per visitare le terre dei Toraja. Quindi noi, per non sfigurare e mantenere alta la nostra fama di genitori - viaggiatori pronti a tutto agli occhi dei nostri figli, accettiamo e ci facciamo lasciare dal tassista alla stazione degli autobus notturni, sulla strada che collega l'aeroporto col centro di Makassar.
Naturalmente sto scherzando! Decidiamo di fare così perché tutto sommato ce la sentiamo, non siamo stanchi più di tanto e, soprattutto, quando siamo in spostamento preferiamo stringere i denti e arrivare alla meta prima possibile, se nel mezzo non c'è nulla dove perderci un po'. E francamente Makassar non ci attira più di tanto, reduci come siamo da un paio di giorni tra grandi città e grandi alberghi, dopo l'antipasto delle isole Karimunjawa, abbiamo smania di luoghi più autentici. Clicca qui se vuoi leggere il nostro itinerario da Java a Sulawesi.
Alla stazione degli autobus di Makassar, dopo l'esperienza non proprio piacevole sul bus che da Semarang ci ha portati a Surabaya, ci dirigiamo verso l'agenzia pubblicizzata dalla guida come una delle migliori, la Charisma Trasport che però troviamo scritta con la K. Potrebbe essere una copia, un falso che sfrutta la popolarità di un altro per attirare ignari clienti occidentali. Non saprei, di fatto in quella stazione degli autobus, che per nome e posizione corrisponde a quella suggerita dalla guida, ci sono solo loro a chiamarsi così. La prendiamo per buona ma chiedo per sicurezza che mi venga mostrato l'autobus prima di acquistare i biglietti. L'impiegata mi accontenta e porta a vedere un mezzo fermo nel campo dietro la stazione, che fuori stavano lavando mentre dentro ci dormiva ancora qualcuno. I sedili sono diversi dai classici autobus, hanno un enorme poggia testa e un poggiapiedi che, alzandosi, trasforma il sedile quasi in un letto. Sono forniti di coperte e cuscini, non proprio puliti però.
Dopo aver consumato una cena seduti a un tavolo con vista sul piazzale degli autobus e scattato foto ricordo col personale del ristorante, saliamo a bordo tra coperte di Hello Kitty e freddo polare, tipico degli autobus in tutta l'Asia. Il primo pezzo scorre bene, poi la strada si fa più impervia e incrociamo spesso altri autobus con fanalini psichedelici sopra, sotto e intorno al vetro del conducente. Preferisco pensare che sia per questo clima da discoteca, piuttosto che per il sonno dell'autista, se dalle casse dell'autobus parte una musica assordante. Tra l'indifferenza della maggior parte dei passeggeri indonesiani che sembrano quasi non sentire nulla e il disagio che invece mostrano gli altri due occidentali presenti a parte noi, mio figlio, 11 anni, si alza e va a chiedere all'autista di abbassare e questo spegne per non riaccendere mai più. Evento raro, fidatevi!
Sulawesi ha una morfologia difficile da urbanizzare e perciò delle strade tremende. Ma rimpiangeremo questa nei giorni futuri quando ne percorreremo altre, con mezzi più piccoli perché sennò non ci passano e di giorno, perché sennò non ci vedono; e in mezzo a scarpate e strade franate è meglio vederci bene.
Dopo 8 ore di viaggio e un paio di soste ci fermiamo lungo la strada principale di Rantepao: siamo arrivati. Un po' rimbambiti per via dei due giorni di viaggio consecutivi, adottiamo la tecnica collaudata del cercare un bar, ristorante o qualsivoglia comodo bivacco dove posso lasciare famiglia e bagagli per dedicarmi, da sola e quindi con più libertà di movimento, alla ricerca di un albergo. Qualcosa c'è su siti come Booking e Agoda, ma troviamo solo sistemazioni fuori città e molto costose, in case che vogliono passare per tongkonan ma che hanno solo un tetto posticcio appiccicato sopra a quello vero. Non riesco a raccapezzarmi bene, devo vedere per poter scegliere; inoltre piove, come fa spesso da queste parti così prossime all'equatore, anche se agosto è il periodo migliore.
Rantepao è una strada lunga poco più di un chilometro con un incrocio importante e alcune traverse minori. Orientarsi è facilissimo ma farsi portare da un becak - risciò motorizzato adatto a due persone il cui prezzo, quello per i turisti, può variare dalle 10.000 alle 15.000 rupie per un tratto cittadino – è senz'altro meglio soprattutto in questi frangenti di stanchezza.
Alla fine trovo il posto che fa per noi in una traversa a nord dell'incrocio principale, l'hotel Pison, con un bello spazio comune, un ristorante comodo e conveniente, un cortile riparato dal traffico cittadino. Affitto una camera tripla con colazione per tutti e quattro, bagno con acqua calda e terrazzino con poltroncine di vimini e vista sulle montagne e sulla bizzarra statua del Cristo per 250.000 Rp.
Cosa si può volere di più? Non saprei, al momento mi accontenterei di dormire anche per terra.
Invece giusto il tempo di recuperare i miei compagni di viaggio, portarli in albergo e darsi una rinfrescata che siamo al ristorante di fronte per prenotare il piatto tipico per eccellenza della cucina Toraja, il pa'piong. Una specialità a base di carne di manzo o maiale, con verdure e noce di cocco cotti sul fuoco dentro una canna di bambù. Come potete immaginare ci vuole molto tempo prima che sia pronto e per questo va fissato con almeno un paio d'ore d'anticipo. Si può gustare ovunque, dai ristoranti più rinomati fino alle bancarelle lungo le strade di Tana Toraja. Noi scegliamo di mangiarlo al ristorante del Pia's Poppies Hotel, che poi è proprio di fronte al nostro albergo. Ci viene servito insieme a del riso bianco e nero ed è squisito, un'esperienza culinaria imperdibile se si è da queste parti.
Come anche il Roponggi, il dolce tipico di Bali, che in altre parti del'Indonesia si trova in versioni meno variegate e con un nome diverso, Roti Bakar. Una bomba calorica da condividere con qualcuno a meno che non abbiate tantissima fame!
Il nostro primo giro in città passa anche dall'ufficio turistico per fare incetta di cartine e iniziare a pensare alle escursioni da fare nella zona di Tana Toraja. Già che ci siamo allunghiamo la nostra passeggiata fino al mercato, percorrendo tutta la strada principale ci si finisce praticamente dentro. Se avete capito come viaggio, saprete certamente che i mercati sono una delle cose che raccomando sempre di visitare ogni qual volta ve ne trovate uno sulla strada. Specialmente quelli alimentari che di certo non sono turistici.
Già dalla città di Rantepao si possono ammirare alcune tongkonan: questa molto grande in foto per esempio, che ospita degli uffici pubblici, la vedremo spesso perché proprio accanto al nostro albergo. Altre di varie dimensioni si intravedono qua e là, fino a capire qualcosa in più sul culto dei morti dei Toraja.
Questo posto già mi piace, ha anche smesso di piovere.